Santa Maria de Cuntaria – Pieve di Santa Maria Assunta
Oggi chiamata Santa Maria Assunta, il nome originale le derivò dai massi incerti (saxa cuntaria), solo in apparenza, su cui fu costruita nel 1200.
Di impianto semplice, alta sulla scogliera, vi si saliva dopo aver attraversato un vasto prato. Oggi è quasi irriconoscibile per l’addossamento delle cappelle e di altre costruzioni.
Anche la facciata in gran parte abbattuta fu inglobata in una cappella e fu aperto l’odierno portale sulla parete sinistra dalla quale sono scomparse le finestre originarie; vi è rimasta solo una monofora cieca molto bella ed elaborata. Sulla parete di destra vi sono invece tre bifore con vetrate moderne del pittore senese Pollai. Una monofora si apre nell’abside e una, solo per metà ed accecata, è visibile all’interno di quella che fu la facciata.
Originariamente il tetto era a capriate, ma successivamente fu eliminata la trave orizzontale e furono costruiti gli archi a sesto acuto che abbracciano tutta la navata; la soluzione servì a dare stabilità all’edificio e creò anche l’effetto ottico di allungare la prospettiva.
Nel 1607 fu addossato all’interno della parete di destra, dalla Confraternita del S. S. Rosario, un pulpito semi ottagonale sorretto da un cesto di foglie di acanto, che reca nello specchio centrale il nuovo stemma marchesale come lo aveva voluto Gio Batta del Monte I: “Il merco è il giglio di Firenze coniato da mastro Simone fabbro”. I due altari del transetto, di un barocco sobrio, arricchiscono un interno fin troppo austero.
Di quella che una volta era una semplice ed elegante chiesa romanica, aerea in quanto posta alla sommità della scogliera, alta sul livello della piazza, oggi, della stessa piazza, si vede soltanto la scala che dà accesso alla parete di sinistra, essendole state addossate le numerose cappelle.
Chiesa di San Francesco
Consacrata nel 1278 segue il tipico schema francescano ad unica navata con copertura a capriate e cappella terminale a crociera.
Nell’architettura esterna della chiesa è chiaramente visibile l’impostazione originaria del tetto successivamente rialzato; soluzione architettonica che, all’esterno, rende più armonioso tutto il complesso e meno sproporzionato il bel portico addossato alla facciata, sorretto da robusti pilastri esagonali di peperino e cinta da un basso muretto con addossato all’interno un sedile in pietra che continua fino ai lati del portale.
L’interno in origine prendeva luce da finestre gotiche, una grande bifora nel coro; più piccole invece le finestre ogivali della facciata e della cappella di destra, oggi solo parzialmente aperte. La navata, in forte contrasto con l’austera eleganza esterna, è il risultato di vari rimaneggiamenti operati nel corso del XVIII secolo da cui la chiesa uscì completamente mutata, tanto che nel 1778 fu rinnovata la consacrazione. Si appoggiarono alle pareti laterali degli altari barocchi e la cappella del coro fu decorata con un arco di accesso a tutto sesto ornato di stucchi.
Precedentemente invece i frati avevano fatto decorare le pareti da artisti senesi della cui opera purtroppo è rimasto molto poco: la Madonna che allatta il bambino sotto la tribuna dell’organo e che, seppure in forma più modesta, richiama alla mente l’analoga di Ambrogio Lorenzetti e la strage degli Innocenti nel coro. Qui la parte bassa, poi coperta dagli stalli, aveva quella decorazione che, con il restauro del 1972, è stata staccata e riportata sulla parete di fronte.
L’opera forse più bella del patrimonio del convento è però l’affresco, databile alla metà del XV secolo di San Bernardino circondato dai quattro riquadri con episodi della sua vita: la presentazione all’ordine, due miracoli e la sua morte. Il volto del santo è purtroppo deturpato da un rosone come il Sant’Antonio nella parte opposta.
Dopo un periodo di cessione a privati, in seguito alle requisizioni in periodo napoleonico, è poi ritornata di proprietà della curia locale.
Convento di San Bartolomeo
Complesso di fine ‘200, di chiaro stile medioevale, realizzato per volontà dal vescovo di Sovana con annessa la chiesa oggi intitolata a San Francesco. E’ composto da tre edifici con un elegante chiostro coperto, un ampio giardino ed uno spazio verde di “belvedere” con vista sulla Val di Paglia. Di recente, grazie ad un importante ed accurato restauro, sono ben visibili affreschi quattrocenteschi di grande pregio ed importanza che si sono aggiunti ai reperti storici artistici già presenti. Molti sono gli ambienti ben conservati e di gran pregio come l’antichissimo forno, nella cantina vi sono botti di fine Ottocento, le sale che danno sul chiostro coperto, come la sala Capitolare, luoghi di vita quotidiana dei frati o luoghi di incontro con ospiti illustri e viandanti sono spazi unici ed emozionali. Il complesso è divenuto proprietà a metà dell’800 della famiglia di origine pianese divenuta Ricci Barbini i cui discendenti ne sono ancora in possesso. Oggi il convento – inserito nell’elenco delle dimore storiche – è spazio ad uso per matrimoni ed eventi privati ma ne è possibile la visita guidata, in carico ai proprietari, il secondo venerdì del mese alle ore 17.00 previa prenotazione al 388 9378801 entro il lunedì precedente.
Santuario della Madonna di San Pietro
La chiesa attuale sorge su una precedente del XII secolo che era in stile romanico e con la facciata rivolta all’inverso di quella attuale.
Secondo una leggenda scritta nel 1583 da Fabrizio Selvi, maestro di scuola e pubblico notaio senese, ripresa nel 1868 da Don Luigi Donati, un giovane – Agnolo Stracchi – che ritornava dalla Maremma nel 1583 si fermò a pregare nella piccola chiesa nella cui abside qualche anno prima era stata dipinta una Madonna con Bambino dal pittore Martino di Urbano. Al giovane sembrò di vedere la Madonna alzarsi e parlargli dei peccati dei cristiani esortandolo alla preghiera. Questa notizia suscitò nel paese un grande fervore e si diffuse anche nei paesi vicini, tanto che ai primi del ‘600 fu intrapresa una radicale ristrutturazione della chiesetta. Fu tagliato il muro absidale e la parte del dipinto della Madonna posta sul nuovo altare maggiore, collocato dove prima era la facciata, dall’architetto Valentino Martelli che si trovava qui per la costruzione del Palazzo del Marchese.
Nel 1979 fu rifatto completamente l’intonaco in modo da mettere in risalto il portale e il rosone. All’interno i due altari laterali in stucco sono, a sinistra della famiglia Selvi, a destra dei Bourbon del Monte.
Gli affreschi delle pareti laterali, unici nel loro genere, in quanto a fumetti, rappresentano i Novissimi: la Morte, il Giudizio, l’Inferno, e il Paradiso. Sono opera di Francesco Nasini capostipite di una famiglia di pittori del XVII secolo ritenuto fino ad ora nativo di Castel del Piano e che un recente ed accurato studio ha accertato essere nato, vissuto e sposato a Piancastagnaio e poi trasferitosi a Castel del Piano. Anche gli affreschi dell’arcone e dei due bracci del transetto sono del Nasini e della sua scuola. Gli stalli del coro sono del 1760.
La ricchezza di affreschi e di arredi di questa chiesa testimonia l’attaccamento e la devozione degli abitanti di Piancastagnaio per la Madonna di S. Pietro che fu incoronata con un diadema d’oro dal Capitolo di San Pietro in Roma nel 1751.
Madonna delle Grazie
Fino al 1578 era chiamata la Madonna del Tribbio o Trivio ed era forse un antico tabernacolo in seguito ampliato, posto all’incrocio di tra strade: una che veniva dalla porta di Borgo, una che usciva dalla porta di Fontanella, ed una terza che andava verso le fonti di Voltaia e San Martino.
La facciata a capanna presenta due lesene di trachite ai lati del portale con architrave piatto sormontato a tutto sesto, decorazione apposta nel 1896 nel corso dei lavori di ristrutturazione; sotto il culmine del tetto un piccolo rosone; ai lati delle lesene semplici finestrelle rettangolari.
La pianta è quadrata, divisa in due piccole campate da un arco trasversale. Sugli altari laterali due grandi tele seicentesche rappresentanti una “Il Battesimo di Cristo” di Giovanni Bulgherini di Piano, l’altra con “L’immacolata concezione e santi” di Francesco Corsini a cui fu commissionata nel 1622.
La piccola abside, di forma rettangolare, ha volta a botte ed è quasi completamente ricoperta di affreschi che vennero alla luce nel 1936 con la demolizione dell’altare maggiore e furono restaurati nel 1977. Questo piccolo ciclo decorativo è di grande interesse sia per valore artistico intrinseco, sia per la fortuna critica che ha accompagnato. Considerato di influenza senese, recenti studi, con una più attenta lettura stilistica, hanno collocato gli affreschi nell’area artistica dell’Umbria quattrocentesca. Del resto, lo spoglio dei debitori del Comune nell’anno 1468 recita “Maestro Giovanni di Pietro da Orvieto dipintore della cappella del Tribio deve avere lire cento per sua fatica”.
Sulla parete a fronte è raffigurata la Madonna racchiusa entro un trono a mandorla intarsiato e sorretto da una gloria di angeli. In basso a destra i santi Pietro e Bartolomeo e a sinistra San Michele Arcangelo e un altro santo ora scomparso. Sulla volta il Redentore circondato dai quattro evangelisti con i solo simboli. Sulle pareti laterali il martirio di San Sebastiano a sinistra, una Santa Incoronata e una Madonna con Bambino a destra.
Chiesa della Rocca, oggi San Filippo
Questa piccola chiesa è situata nella parete più alta del paese antico; fu edificata verso il 1200 in prossimità della prima fortificazione, ma subì notevoli danni durante l’attacco dei Senesi, al Castello.
Fu restaurata insieme alle mura nel 1473 e servì per le funzioni religiose dei soldati della Rocca che nel 1577 prestò alla chiesa la campana che dava il segnale per il cambio della guardia. Verso la fine del 1600 vi si trasferì la confraternita di San Filippo che le dette il nome.
Oggi ha una forma settecentesca; un arco a metà della navata separa due volte a vela e sui muri laterali corrono gli stalli per i confratelli. Nel catino dell’abside un affresco di angioletti circonda una tela settecentesca di ambito nasiniano, incorniciata in un finto tempietto dove è rappresentata l’apparizione della Madonna con Bambino a San Filippo, tutto ripulito con un bel restauro completato nel Dicembre 2010.
Il Leccio delle Ripe
Si narra che San Francesco si recò sul Monte Amiata per visitare il luogo dove sarebbe sorto un nuovo romitorio del suo ordine.
Stanco per il viaggio, si sedette a riposare sotto l’”ospitale chioma” di un leccio già a quel tempo di notevoli dimensioni. Da quel giorno, anche in inverni particolarmente nevosi, intorno a quella pianta la neve non attecchisce.
Questo leccio da allora è oggetto di venerazione da parte di tanti fedeli, alcuni dei quali piantano alla sua base croci di legno, segno di riconoscenza per grazie ricevute. E’ segnalato lungo la strada principale poco fuori dal centro abitato di Piancastagnaio.
Chiese delle frazioni di Piancastagnaio:
Chiesa del Crocefisso (Località Tre Case)
Chiesa di Casa del Corto
Chiesa del Saragiolo